Dieci personaggi, alla metà degli anni ’90, hanno eletto come “luogo di vita” una panchina posta nelle immediate vicinanze dell’ospedale civile di Pordenone. Barboni, drogati, ex carcerati, pazzi, puttane, sbandati…oppure, semplicemente, uomini e donne inciampati in uno sbaglio. Lì si incontrano quotidianamente e si scontrano con il resto del mondo: la città piccolo-borghese, ipocrita, impaurita, quella che “è sempre rigata dritta”, quella che fa della “pulizia dalle merde dei cani” il suo lavoro quotidiano. Fino a quando quella stessa panchina non riceve un “avviso di sfratto”.
In quella di Pordenone sono presenti tutte le panchine, tutte le emarginazioni, gli sfruttamenti, le solitudini, la difficoltà a capire e a capirsi, del mondo. A Pordenone alcuni di loro da quelle difficoltà, da quella panchina sono riusciti ad alzarsi: non è stato facile e in altri non ce l’hanno fatta. Ma questo gruppo ora è qui a dire che si può.
Loro, i “Ragazzi della Panchina”, che oggi vanno a parlare nelle scuole e all’Università, che sono interlocutori e propositori ai Convegni nazionali sulle tossicodipendenze e nei progetti comunali rivolti alla cultura e al sociale…sono partiti da lì.
Dopo 13 anni hanno deciso che era tempo di fare un bilancio. E hanno scelto di farlo attraverso un opera teatrale scritta e diretta da Pino Roveredo, scrittore amico e compagno che della loro storia ha fatto la sua storia. Con “tutti i muscoli del cuore” che Pino sa sempre mettere nella sua penna e nella sua voce.
In quella di Pordenone sono presenti tutte le panchine, tutte le emarginazioni, gli sfruttamenti, le solitudini, la difficoltà a capire e a capirsi, del mondo. A Pordenone alcuni di loro da quelle difficoltà, da quella panchina sono riusciti ad alzarsi: non è stato facile e in altri non ce l’hanno fatta. Ma questo gruppo ora è qui a dire che si può.
Loro, i “Ragazzi della Panchina”, che oggi vanno a parlare nelle scuole e all’Università, che sono interlocutori e propositori ai Convegni nazionali sulle tossicodipendenze e nei progetti comunali rivolti alla cultura e al sociale…sono partiti da lì.
Dopo 13 anni hanno deciso che era tempo di fare un bilancio. E hanno scelto di farlo attraverso un opera teatrale scritta e diretta da Pino Roveredo, scrittore amico e compagno che della loro storia ha fatto la sua storia. Con “tutti i muscoli del cuore” che Pino sa sempre mettere nella sua penna e nella sua voce.
“La Pankina” è stata rappresentata per la prima volta e con grande successo ieri sera, a Pordenone. Sul palco gli attori della compagnia instabile di Roveredo: eccezionali. Ma è a due di quei Ragazzi, in arte Gino e Sergio, che va il mio più sentito applauso: per l’autoironia, per l’impegno, per l’estro artistico dimostrato, ma più di tutto per il coraggio di dire a noi gente borghese, con orgoglio e dignità…
“Mille volte maledizione al nostro sbaglio e mille volte perdono a voi che lo avete subito. Ma che ne sapete voi… A volte basta una stampella di fiducia”
Ieri sera, per me, è stata emozione vera, partita dallo stomaco, scivolata attraverso sorrisi, risate pulite, entrata con la violenza di colpi al cuore nell’indignazione, nella commozione, nell’impotenza e nell’onestà di dirsi: quello sbaglio, quello scivolone …ho rischiato di farlo anch’io, almeno una volta nella vita. Ed è stato immediato identificarsi con loro, i Ragazzi…
Ieri sera, per me, è stata emozione vera, partita dallo stomaco, scivolata attraverso sorrisi, risate pulite, entrata con la violenza di colpi al cuore nell’indignazione, nella commozione, nell’impotenza e nell’onestà di dirsi: quello sbaglio, quello scivolone …ho rischiato di farlo anch’io, almeno una volta nella vita. Ed è stato immediato identificarsi con loro, i Ragazzi…
Fulvia, la pazza, la puttana; Sergio ed Erminio, il barbone; Rosalba, la suicida, e sua madre, la vedova...e prima che il sipario chiuda... Gino e lo spazzino
http://www.iragazzidellapanchina.it/
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